Questo ordinamento corporativo e castale, pagato dallo stato ma nel quale lo stato non ha alcuna voce in capitolo ne alcuna possibilità di controllo, é chiuso ermeticamente verso l'esterno, e vive in sé stesso e per sé stesso, secondo le proprie regole, gerarchie, riti e valori.
Bisognerebbe dire anche secondo le proprie illusioni, perché tutte queste cose non hanno alcuna funzione positiva nella società, e quindi nessun rilievo altro che negativo.
Nei riguardi della società infatti esiste una inversione di ruoli spettacolare quanto assurda, e sostanzialmente anticostituzionale. Una volta messi in primo piano gli interessi e i fini della corporazione accademico-professionale, questa cessa dall'essere uno strumento al servizio degli studenti. Mentre sono gli studenti che vengono trasformati in "instrumentum regni", servi della gleba, soldatesca, carne da cannone, della corporazione per i suoi fini di potere e di carriere.
I docenti non sono più al servizio dei discenti, ma sono i discenti che passano al servizio dei docenti. E' come se i viaggiatori passassero al servizio delle ferrovie, o i malati al servizio dei medici.
Nelle società tradizionali i ruoli sono rigorosamente fissati in modo preciso. Lo sono anche nelle società moderne democratiche e bene ordinate, dalle grandi tradizioni amministrative. Nei paesi dove queste tradizioni amministrative invece mancano, come in Italia, si creano continuamente processi di coagulazione di diritti a favore dei prestatori d'opera, e di coagulazione di obblighi a carico dei beneficiari dei relativi servizi.
Nel nostro caso gli studenti sono i prestatori d'opera (ascoltare le lezioni in classe, acquistare i libri, sostenere gli esami, preparare la tesi, laurearsi); mentre i docenti sono i beneficiari (stipendi e pensioni statali senza alcun obbligo di attività qualificata, grandi possibilità di attività professionali anche lucrose, carriere, prestigio sociale).
In altre parole, non vi é un corpo docente il cui compito sia, a prezzo di sacrificio e dedizione, l'immissione nella società di laureati di alto o buon livello. C'é invece una massa studentesca come strumento passivo, in condizioni di abbandono deplorevoli, specialmente sul piano delle vocazioni e dell'impiego, ai fini esclusivi del mantenimento di carriere accademiche e professionali vantaggiose a beneficio di una ristretta cerchia corporativa operante in base a una cultura di mafia.
In una corporazione così ermeticamente chiusa, fondata su regole, gerarchie, riti e valori puramente interni, é naturale che si crei una virtuale estraneità di essa nei riguardi della società, con diverse conseguenze importanti che vale la pena di menzionare.
Nella vita delle società ci sono aspetti che possono essere considerati come delle costanti della condizione umana. Aspetti morali, sociali, religiosi, dove le relative funzioni si prestano per loro natura in certo modo a essere sacralizzate. Si riconosce in genere come "sacra" la funzione di pastore d'anime, di un parroco. Anche la funzione dei genitori é talora vista come sacra, almeno nelle strutture famigliari tradizionali che ancora esistono, e la cui fine storica non é prevedibile malgrado certe apparenze di una società in crisi di transizione.
Allo stesso modo sembra tendenzialmente sacra la funzione del maestro elementare o del professore di scuola media, e fra questi non manca chi abbia una tale visione dei suoi compiti. Ricordo che nella mia infanzia era molto sentita la sacralità della funzione del medico, specie del medico condotto, che purtroppo é andata riducendosi fino a scomparire. In cambio però si é venuto creando un genuino senso di sacralità, sotto l'aspetto di dovere morale, sociale e umano, a molte funzioni a carattere volontaristico, sia religioso che laico, a beneficio di poveri, emarginati, indifesi, ammalati, vecchi, soli o popolazioni colpite da sciagure nei paesi del Sud e del Nord.
Ci possiamo ora chiedere se nel presente sistema universitario italiano, erede di notevoli tradizioni culturali fin dal medioevo, sia rimasta qualche traccia, sia pur vaga, della sacralizzazione di cui erano oggetto anche i professori dell'università del tempo fascista.
Infatti qualsiasi forma di autentica e spontanea sacralizzazione diventa impossibile nei riguardi di un mondo accademico chiuso in sé stesso, dove l'autoritarismo, il dispregio dei propri doveri e gli abusi di tipo burocratico fanno concorrenza all'antico ministero delle Poste e Telegrafi.
Dato il carattere della corporazione, e il suo isolamento, avviene così che, in mancanza di una sacralizzazione dall'esterno, si abbia una autosacralizzazione dall'interno che può assumere forme paranoiche. Un docente, anche all'inizio della sua carriera, sembra convinto di essere entrato a far parte di una specie umana del tutto rara. "Per me, sento di far parte come di un ordine monastico di grande prestigio", mi diceva un collega di Gorizia quando passò da "associato" a "ordinario".
Questa superbia accademica, nella situazione attuale assolutamente ingiustificata e gratuita, può assumere gli aspetti più deteriori. Scarsa propensione ad accettare una discussione aperta, a confrontarsi con altri, segno di una vera paura del mondo esterno. Relativo bisogno di far parte per sé stessi, o di crearsi un gruppetto, una combriccola, avente opinioni condivise, a propria difesa. La paura del mondo esterno può tradursi alla fine in una vera e propria fobia che assume aspetti comportamentali. L'accademico si fa irritabile, talora isterico, permaloso, in cerca di solitudine. Sente la necessità di una sicurezza di tipo tribale, di una muraglia mitica attraverso la quale lo sguardo del mondo esterno non possa penetrare.
A questi fini, quale ambiente migliore della corporazione accademica attuale? Tuttavia, qualsiasi comportamento che abbia assunto forme patologiche non viene più a dipendere da circostanze esterne, ma vive di vita propria. Così il docente si riduce ad aver paura anche dei propri colleghi, di qualsiasi pubblicità delle sue azioni e dei suoi pensieri. In particolare ad aver paura degli studenti, per i loro eventuali giudizi nei suoi confronti, giudizi per giunta inespressi... Terribile!
Questi torbidi e incontrollabili sentimenti di paura, gelosia, invidia, in ultima analisi tolgono anche quella illusoria pace ai fini della quale la fortezza accademica era stata eretta. Essa é infatti al suo intento perennemente agitata da incomprensibili animosità che hanno la forza dei venti registrati sui pianeti Mercurio e Venere.
Ricordo che alcuni anni fa a un certo momento fu per me questione di tenere un corso integrativo di Cooperazione in una delle università private. La cosa non andò in porto perché, per ragioni finanziarie, il senato accademico volle ridurre questi corsi. Dissi ad un amico docente "ordinario": "Pazienza, non importa, tanto mi trovo benissimo a Gorizia". Ne ebbi una risposta quasi rabbiosa. "Ma che discorsi. Guarda che Gorizia é zero, anzi meno di zero!" Non riuscivo a capire il perché di questa reazione. Con gli studenti che avevo! Gorizia é mille, non zero!