Dopo la laurea in Legge a Roma, vennero tante cose, la guerra, la resistenza, la liberazione, il servizio nei gabinetti dei governi Bonomi e Parri, il Ministero del Commercio con l'Estero, l'ENI e infine l'Unione Europea.
Subito dopo la liberazione le università furono gradualmente riattivate con un modesta dose di epurazione politica e mantenendo sostanzialmente i precedenti livelli culturali e di prestigio. Questo durò per tutto il periodo dei governi De Dasperi, e in sostanza durante tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. I professori di ruolo erano in tutto 1.900 e godevano di una buona reputazione nella società.
Mi ricordai dell'università, e ne seguii le vicende, solo in occasione delle lotte studentesche del '68, la cui importanza storica dal punto di vista generazionale é riconosciuta, e che sono ridiventate attuali, sebbene per altri e ben diversi aspetti di una situazione che concerne in primo luogo il nostro paese.
Nel corso degli anni Settanta, impegnato in Africa per l'Unione Europea non seguii più le faccende universitarie. Avevo diversi amici docenti, ma non mi parlavano mai del loro lavoro, né io sentivo alcun interesse di sapere. Ricordo solo, da parte loro, certi occasionali e lapidari commenti che erano sempre i medesimi - "L'università è un brutto ambiente" - "La cultura si va burocratizzando" - "E' un'atmosfera irrespirabile" - "E' una vera mafia". Non arrivavo a capire che cosa ci fosse che non andava.
Ma ecco che, un po' alla volta attraverso gli anni e con molto ritardo, realizzai che cosa stava accadendo. Che disastro! L'ondata della partitocrazia e del consociativismo, come un tifone tropicale sul Bangladesh, aveva investito anche l'università.
Con la scusa che il numero degli studenti era quasi raddoppiato si erano create come funghi molte università periferiche, per cui 20 nuovi atenei si erano aggiunti in un batter d'occhio ai 30 esistenti.
Per fornire i nuovi docenti, col pretesto che il meccanismo dei concorsi di cattedra era troppo lento e ponderoso, invece di snellirlo, si ricorse alla soluzione di nominare migliaia di "incaricati" con procedure alquanto semplici, rapide e ciniche. Bastava che la maggioranza di una Facoltà riconoscesse un candidato, anche indirettamente, che questo diventava ipso facto un docente universitario.
Poiché all'inizio gli incarichi erano attribuiti di anno in anno, ecco che saltò fuori la Legge n. 766 del 1973: chi ha tenuto l'incarico per ameno 3 anni, lo può conservare in eterno. (Spiegazione dei 3 anni: possibilità di constatare la fedeltà al partito politico). Furono i cosiddetti "incarichi stabilizzati".
Pochi anni dopo il sistema fu completato con provvedimenti per cui si poteva passare da un grado all'altro della carriera non per concorso, come detta la Costituzione, ma bensì "ope legis". Tutto avviene cioè "per forza di legge". Così anche la strana categoria dei "professori aggregati" poté essere inclusa, sempre "ope legis", in quella degli "ordinari".
D'altra parte un sacco di incarichi precari di varia natura vennero riuniti, mediante non meglio precisati "giudizi di idoneità", in un nuovo ruolo, quello dei "ricercatori": si trattava di "esercitatori", "borsisti", "contrattisti", "assegnisti"... Anche questi nuovi "vincitori" ebbero l'accesso al posto e al tempo stesso la "conferma vitalizia".
E infine, per completare questa operazione all'italiana, una caterva di "incaricati stabilizzati" e di "assistenti ordinari" divennero negli anni Ottanta professori "associati", destinati a trasformarsi, sempre "ope legis", in "ordinari". Tra una cosa e l'altra, il numero dei docenti é passato in 4 decenni da 1.900 a 55.000.
Il sistema partitocratico, instaurato dalla prima Repubblica negli anni Settanta, implicava dunque che le cattedre universitarie entrassero nel gioco di potere fra i partiti assieme alle direzioni di enti statali e parastatali, banche, aziende di stato, aziende del gas, appalti di opere pubbliche, acquedotti, aziende turistiche, primariati di ospedali, mercati generali, trasporti pubblici, camere di commercio, consorzi, autostrade, televisioni, mostre, nettezza urbana, e quant'altro.
Così, in una qualsiasi circoscrizione elettorale, poteva capitare che la DC, volendo fagocitare 6 primariati ospedalieri al posto dei 4 che aveva, lasciasse al PC 3 cattedre universitarie al posto dell'unica in suo possesso. Alla richiesta di un Rettore Magnifico da parte del PC, la DC poteva rispondere - Ma avete una bella faccia tosta! In cambio della nettezza urbana?
Il bello é che questo tipo di mercanteggiamento può anche aver luogo all'interno di uno stesso partito. Un concorrente alla candidatura per la Camera può decidere di cedere di fronte a un altro candidato più forte o più risoluto passandogli i suoi voti. Ma ciò a un dato prezzo che può consistere in una banca di credito agrario, una camera di commercio, un primariato di urologia in un grande ospedale, o un rettorato universitario.
In un sistema di questo genere la distribuzione degli incarichi viene a perdere ogni legame con le competenze specifiche necessarie, che non hanno più alcun significato. Cosicché una azienda turistica può andare a un medico, una camera di commercio a un veterinario, la nettezza urbana a un architetto, un acquedotto a un letterato, e una cattedra universitaria al preside del liceo locale, a un insegnante dell'istituto magistrale o a un farmacista.