Nel 1991 ebbi un giorno una telefonata che mi fece cadere dalle nuvole.
Un professore di Trieste mi chiedeva se avessi accettato di insegnare Storia e Istituzioni dell'Africa a Gorizia.
In tutta la mia vita dopo la laurea, l'università non aveva mai incrociato il mio cammino. Gli chiesi come fosse capitato proprio su di me. Mi spiegò che Gorizia aveva bisogno di questo corso e che lui, non sapendo dove andare a sbattere la testa, si era rivolto a un eminente docente di Storia dell'Africa dell'Università di Pisa. Questi gli aveva detto che, a quanto ne sapeva, l'unico africanista che in Italia non avesse una cattedra ero proprio io.
Allora e come sempre mi trovavo spesso impegnato all'estero in missioni di cooperazione allo sviluppo per diversi organismi internazionali, per cui si poneva una questione di tempo. Ma mi disse che si trattava di un corso semestrale che poteva in pratica essere concentrato anche in due mesi. Così accettati.
Il mio primo incontro con gli studenti di Gorizia sette anni fa é un evento che non potrò mai dimenticare. Era la prima volta in vita mia che, per delle circostanze puramente causali, "salivo in cattedra". Certamente, ero stato da sempre abituato, come si dice, a "parlare in pubblico". Ma ad ascoltatori fra i più diversi: dragoni di Genova Cavalleria o lancieri di Aosta prima e durante la guerra; comizi elettorali socialisti in Friuli; comitati dell'Unione Europea a Bruxelles; riunioni di tecnici e coltivatori africani; membri del CAD (Comité d'Aide au Dévéloppement) e del Club del Sahel a Parigi; convegni e conferenze internazionali.
Ma l'esperienza con gli studenti di Gorizia era tutt'altra cosa.
Erano lì, una cinquantina, tutti attenti perché curiosi di vedere che tipo fosse il nuovo professore. Sentivo che per me il discorso non era come tutti gli altri. Le mie parole non venivano tutte dalla mente. Ce n'erano che emergevano improvvisamente dall'area misteriosa della mia coscienza profonda.
"Faremo insieme questo corso di Storia e Istituzioni dell'Africa. Come libro di testo per gli esami potete usare il Fage, che è tradotto in italiano. E poi queste dispense in 150 pagine che vi ho preparato e che potrete fotocopiarvi. E' un ausilio cronologico intercalato da alcune note su certi temi importanti. Questa cronologia riguarda 74 regni e imperi africani dalle origini di ciascuno fino alla conquista coloniale. Dopo di questa, la storia dell'Africa diventa storia europea e riprende il suo corso con le nuove indipendenze. E' una parentesi di circa 76 anni, dalla conferenza di Berlino del 1884 agli anni intorno al 1960. Si tratta in sostanza di sole tre generazioni, che nella storia del mondo sono ben poca cosa."
"La storia dell'Africa la cominceremo nella prossima ora. Adesso vorrei farvi alcune importanti premesse."
"Un corso universitario non può limitarsi all'insegnamento di una materia specifica. Non si può studiare un albero prescindendo dalla foresta, dalla terra e dal cielo. Qualsiasi corso - anche di scienze della natura o scienze esatte - vive all'interno di una cultura dalla quale trae alimento. Figuriamoci poi quando si tratta di scienze umane o storico-sociali."
"L'università non si fa in vista di un attestato di laurea, la cui funzione è solo pratica (quando esiste), ma per imparare a studiare. E si studia per cultura, non per guadagno. Una buona cultura serve anzitutto a vivere in un'altra dimensione di coscienza, e al tempo stesso allarga la gamma delle possibilità di attività remunerate. Chi ha una buon cultura ha i mezzi per specializzarsi in quello che vuole. Il disastro sta nella specializzazione fine a se stessa."
"Siccome vedo che state prendendo note a tutta birra, vorrei avvertirvi che questo non è sempre necessario. Io non mi propongo nelle lezioni di ripetervi i testi a pappagallo, perché potete studiarveli con calma per conto vostro. Vi dirò cose che nei testi possono non esserci - critiche, sintesi, interpretazioni, visioni, dati dell'esperienza mia o di altri. Nelle vostre note, quindi siate selettivi e non fate gli amanuensi. A meno che non vi avverta io stesso di prendere nota. Anzi, ecco, siccome parlavamo di specializzazione, adesso scrivete ...".
Così gli studenti si copiano dalla lavagna la definizione di Bernard Shaw - "Lo specialista è qualcuno che sa molto di poco; che impara sempre di più di sempre meno; fino a che sa tutto di nulla". Ecco che i visi degli studenti, ragazzi e ragazze, a questo punto si dispiegano in luminosi sorrisi.
"Ma ora andiamo avanti. Nelle antiche università medioevali italiane gli studenti sceglievano i loro professori e li pagavano, ma questi erano altri tempi. Ciò che però va mantenuto di questi tempi è un certo rapporto personale tra il docente e lo studente. Un rapporto che, essendo fondato sulla cultura, deve essere eterno, per tutta la vita. Per questo vorrei seguire qui con voi l'uso anglosassone di un rapporto che vada oltre le mura dell'università. Quando possibile gli studenti devono poter incontrare il loro professore anche fuori, anche a casa sua."
"Durante il corso potrete venire a trovarmi nella mia biblioteca ogni domenica dalle ore 16 alle 19 anche senza preavviso. Negli altri giorni della settimana potrete venire telefonando prima. Quando non sono in Africa potrete venire anche al di fuori del periodo del corso. Vi scrivo qui sulla lavagna le coordinate: telefono 0432/******; uscita a Udine-Nord, destra per P*****, di nuovo destra per P*****, sinistra per P*****, sinistra per M*****, dopo collinetta grande specchio tondo, poi 300 metri, poi a destra per Castello di B*****."
"E adesso ricordatevi, per concludere, che vi conviene di ascoltarmi, perché io ho una grande superiorità su di voi. Non è un fatto di intelligenza, perché molti di voi possono essere più intelligenti di me... Tu per esempio ... O tu ... (risate). Ho certo su di voi una superiorità di studi e di cultura, per un fatto di tempo. Ma non é ciò che più conta. In realtà nella vita l'esperienza si crea soprattutto dai propri errori. Sempre per un fatto di anni, nessuno di voi qui presenti ha mai avuto la più vaga possibilità di commettere, diciamo, il dieci percento degli errori che ho potuto commettere io".
Dopo l'intervallo, nella seconda ora, cominciamo con la preistoria dell'Africa fino al Neolitico. Poi si passa al fenomeno climatico della desertificazione del Sahara, che in circa 3.000 anni ha portato all'isolamento dell'Africa Nera dalle altre culture e dall'economia mondiale.
Nella lezione successiva passiamo alla storia vera e propria, quella storia che, come diceva Croce, non è mai giustiziera ma sempre giustificatrice. L'impero del Ghana al 7° secolo d.C. Leggiamo qualche paragrafo dall'opera araba Tarikh el-Fettach di Kati Mahmoud.
Già dalla prima domenica cominciarono le visite degli studenti. Prima 6, poi 2, poi 8, poi 20, poi 3. Una domenica erano in 34, tutti seduti per terra sui materassi sahariani e sul grande tappeto marocchino, fra le statue e le maschere africane. Allora chiamai il fotografo di P***** che prese la foto riportata sulla copertina di questo libretto (sulla prima pagina del sito, in questo caso!).
Come previsto, in questi incontri si discuteva di tutto. Non solo di storia dell'Africa, ma anche di problemi di antropologia culturale che potevano illuminarla, di economia, politica internazionale, storia delle religioni, cristianesimo, filosofia orientale, aspetti del disordine economico e sociale mondiale.
Ovviamente, come era da attendersi, di tra le maglie di queste conversazioni, scappava fuori spesso di soppiatto il famoso problema dell'impiego dopo la laurea. "Professore, ma se come lei dice le multinazionali sfoceranno in una lotta fra ciclopi, non sarebbe preferibile per noi orientarci verso le piccole e medie imprese?" Avendo ribadito che si studia per cultura e non per guadagno, che può esserne eventualmente un sottoprodotto, accettavo tuttavia l'argomento. Infatti mi ero accorto di una circostanza; la continua insistenza di tutti gli studenti sul problema del dopo laurea, ossia della attività, dell'impiego, nascondeva una grave deficienza dell'università italiana attuale, per la quale un problema del genere non esiste.
Così si passavano in esame, si analizzavano, una per una, tutte le possibilità che si aprivano ai laureati del corso di Gorizia e che abbiamo prima sommariamente elencato. Le scelte dipendevano in parte anche dalle specifiche preferenze o vocazioni di ciascuno. L'unica via non consigliabile, in mancanza di profonde riforme di là da venire, erano i concorsi nella pubblica amministrazione del nostro paese, date le sue strutture ancora troppo primitive.
Alcuni punti andrebbero comunque ricordati in materia di impiego. L'impiego secco e definitivo è raro e lo diventerà sempre di più in questa fase di declino della presente forma di capitalismo. L'idea della partecipazione a un concorso con risultato favorevole, della ammissione immediata in una istituzione a tempo indeterminato, con una carriera e una pensione finale? Non si deve contare solo su queste lotterie attendendo pazientemente a casa propria senza far nulla.
A questo proposito si é molto parlato dei metodi per trovare lavoro: redazione di domande di assunzione, stile degli annunzi nella stampa, scelta degli annunzi a cui rispondere, tecnica di redazione dei "curricula", comportamento nel corso di interviste di assunzione, in particolare presso organismo internazionali e l'Unione Europea.
L'impiego in realtà può benissimo essere progressivo, in settori di attività diversi, per tempi determinati, anche brevi. Esperienze numerose e di diversa natura hanno effetti cumulativi e fanno la ricchezza di un "curriculum". Basta non pretendere di fare lo "specialista", quello che "sa tutto di nulla". Una cultura solida e diversificata permette sempre di adattarsi alle esigenze di una nuova attività in forme autodidattiche.
Portavo loro l'esempio di uno dei miei libri, "Il Sahel" (citato all'inizio fra le opere pubblicate). E' uno studio multidisciplinare in 786 pagine, usato nella cooperazione internazionale allo sviluppo. Ebbene, c'é tutto: idrologia, geologia, idrogeologia, pedologia, agroclimatologia, meteorologia, flora e fauna, paleoclimatologia, colture, pesca, allevamento, idraulica rurale e pastorale, foreste, energia, tecnologie, malattie umane e animali, sanità, educazione e formazione ... E tutte le relative politiche settoriali. Facevo osservare ai miei studenti che io sono laureato in Legge! Non sono né un geologo, né un agronomo, né un veterinario ... Eppure! L'Università veramente serve in primo luogo per imparare a studiare. Ridevano quando dicevo loro che io non ho mai avuto pulci, ma se mi chiedevano uno studio entomologico sulle pulci glielo avrei dato in 15 giorni.
Questi incontri coi miei studenti durante il primo anno di Gorizia mi aiutarono a capire tante cose su questa generazione, la terza dopo la mia. Una generazione piuttosto integrata. Piena di segrete riserve sulla nostra attuale società, che osserva in silenzio. E' molto restia, e spesso contraria, alla discussione con la generazione precedente o fuori del gruppo. Infatti conosce già le eventuali risposte che ne riceverebbe, e sa che non sono convincenti, perché sembrano venire da un altro pianeta.
C'era però il fatto che io mi sentivo, si può dire, interamente dallo loro parte. E loro lo avvertivano. Ciò li induceva a ridurre un tantino la loro prudenza e riservatezza nei riguardi di questo "esterno generazionale" che ero io. Tutto questo si situava beninteso al livello intellettuale delle idee. Perché per quanto riguardava gli atteggiamenti e i sentimenti erano con me tanto aperti da darmi molta gioia.
Notizie di questi incontri ovviamente filtrarono a Gorizia. E' divertente e comico notare certi cenni di qualche docente. Non si diceva che chi scrive riceveva gli studenti "a casa sua", bensì "al castello". Era un riferimento di tipo piccolo-borghese e di sapore snobistico-aristocratico. Non conoscendo la storia del Friuli, ignoravano che i Savorgnan - la signoria di fatto nei secoli dal 14° al 16° e rappresentante della Serenissima - era a capo del partito dei Zamberlani ossia dei contadini e delle borghesie cittadine; e contro il partito degli Strumieri che riuniva la nobiltà castellana. Nelle rivolte i contadini attaccavano e incendiavano i castelli dei nobili con la bandiera dei Savorgnan. Ma lasciamo andare.