Alla fine di questo primo anno di insegnamento di Storia dell'Africa, un "ricercatore" di ruolo in Relazioni Internazionali rivendicò la cattedra. Così gli studenti si ebbero in massima parte la storia europea della colonizzazione e la storia africana contemporanea dopo la indipendenza; un secolo invece di dodici. Ma nello stato attuale del sistema accademico in Italia non ci si poteva attendere di meglio, per cui non è veramente colpa di nessuno.
Così adesso, dopo una anno, cambiamento di scena: Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, corso che peraltro già esisteva. Avendo io fatto presente la circostanza, mi si disse che infatti era così, ma che il corso sarebbe stato sdoppiato "perché non vogliamo perderla", e che avrei potuto scegliere fra i due indirizzi, il diplomatico e l'internazionale. Soddisfatto per questa dimostrazione di stima, scelsi ovviamente l'indirizzo internazionale.
L'Italia ha un certo numero di cattedre di Cooperazione Internazionale allo Sviluppo, ma non mi risultava che esistesse un libro di testo per questa materia. Mi preoccupavo pertanto di preparare in tempo delle dispense che l'anno successivo furono pubblicate sotto forma di regolare libro di testo universitario "Aiuti allo Sviluppo" - Teorie e Pratiche, Opzioni e Prospettive, pagg. 371, citato all'inizio fra le opere pubblicate.
Questo testo conteneva una esposizione abbastanza completa della materia: teorie sullo sviluppo; forme di cooperazione; condizionalità; forme di programmazione; esecuzione dei progetti; valutazione tecnica, finanziaria ed economica dei medesimi; descrizione dei vari tipi di interventi; organismi di cooperazione; analisi critica di un trentennio di aiuti, con elenco degli errori commessi nei settori primario e secondario dell'economia; nuovi orientamenti.
L'inclusione nel testo della valutazione tecnica, finanziaria ed economica dei progetti, materia un po' difficile, era necessaria perché in mancanza di essa è impossibile operare sul terreno, e tenevo a che gli studenti proprio questo imparassero a fare. Del resto l'inclusione di questo argomento veniva fra l'altro ad assorbire l'oggetto di un previsto corso integrativo che non fu mai istituito.
La pubblicazione di questo libro di testo fu per me un lavoro agevole perché in sostanza si trattava di mettere per iscritto una esperienza vissuta e abbastanza diversificata durante 25 anni, quale capo divisione alla D.G. dello Sviluppo della Commissione Europea e ambasciatore in due paesi africani, con la cura sul terreno di un migliaio di progetti di tutti i tipi (dalla piccola coltura alla grande diga idroelettrica); e dopo il pensionamento quale consulente con missioni in Africa per conto di diversi organismi internazionale.
Così, mentre il libro di testo forniva bella e pronta la materia di studio per gli esami, da parte mia potevo utilizzare le lezioni per integrare il testo con commenti sulle concrete esperienze di terreno: casi tecnici e umani, sorprese, successi, sconfitte. Cercavo di svolgere il corso come se gli studenti avessero potuto accompagnarmi per 25 anni sul terreno in Africa, negli uffici di Bruxelles, nelle conferenze internazionali del CAD (Comité Aide du Développement) e del Club del Sahel a Parigi, nelle missioni per organismi internazionali. Per dare agli studenti delle visioni quanto più possibile esatte della realtà, talora ricorrevo persino a spunti di commedia: gli argomenti del tronfio autocrate, dello scaltro rurale, dell'assistente tecnico razzista, del burocrate prudente e pauroso.
Data l'assenza, nel curriculum accademico, di un indispensabile corso di antropologia culturale, essenziale non solo per la cooperazione allo sviluppo, ma anche per le relazioni internazionali nel loro complesso, aggiunsi alla materia di esame le Parti 2 e 3 dell'opera di Carlo Tullio-Altan "Antropologia" (Feltrinelli).
Gli studenti continuarono a venire a trovarmi la domenica, ma in numero minore. Mentre aumentarono le visite individuali o di gruppetti durante la settimana, per cui qualcuno veniva quasi ogni giorno. Compresi che ciò era a dovuto all'aumento degli impegni di studio a partire del 3° anno.
C'era inoltre una notevole differenza fra questo corso e la Storia dell'Africa. Mentre la prima era un insegnamento propedeutico, la Cooperazione all Sviluppo era una materia direttamente connessa con eventuali attività remunerate per il dopo laurea. Da cui i soliti consigli:
Ristudiate con cura il libro di testo prima di un concorso o un colloquio per un impegno di lavoro in materia di Cooperazione.
Se ciò avviene alla D.G. VIII o alla D.G. I Della Commissione Europea, o alla BEI, una volta giunti davanti alla commissione esaminatrice, portate la traduzione in inglese e francese dell'indice del vostro testo al presidente dicendogli: "Monsieur le Présidente, je peux être interrogé sur les sujets que voici". Ciò vi darà una netta superiorità su tutti i candidati che non hanno già un'esperienza operativa valida nello sviluppo.
Se andate a fare il 3° segretario di ambasciata in un paese del Sud, portate sempre il medesimo indice all'ambasciatore. Potete star certi che vi rifilerà subito un progetto di sviluppo, se lo ha, incaricandovi poi di seguire la cooperazione bilaterale italiana.
Ebbi così la soddisfazione di creare un nucleo di studenti e studentesse ben ferrati nella Cooperazione allo sviluppo. In ciascuno dei 6 anni passati, infatti, un gruppo di almeno un quindicina di studenti seguirono con impegno tutte o quasi tutte le 30 ore di lezione (col loro consenso erano state portate a 30 perché le 25 prescritte non bastavano).
Ci fu poi tutto il lavoro delle tesi, perché diversi studenti sceglievano di scrivere la tesi sulla Cooperazione. Fummo sempre d'accordo di evitare le tesi puramente accademiche, con analisi di teorie astratte ed esasperanti citazioni di autori. E di trattare invece di problemi concreti, attuali, da risolvere o da correggere, con un contributo critico dello studente stesso, seguito da proposte innovative. Raccomandavo in primo luogo la completezza e la severità della critica su quanto era stato fatto, o si faceva, sul piano della cooperazione allo sviluppo.
Questa impostazione sulla scelta delle tesi, orientata sui problemi concreti e attuali, può presentare per gli studenti dei vantaggi anche sul piano di un impiego dopo la laurea, in determinate condizioni. La tesi infatti può essere presentata in certe sedi a documentazione delle proprie conoscenze. Una tesi sui tassi di interesse per i prestiti agevolati, ad esempio, può essere utile in vista di una collaborazione presso la BEI (Banca Europea di Sviluppo).
Sono state preparate delle tesi anche sul terreno in Africa. Avevo potuto combinare che gli studenti non avessero altre spese e che il loro biglietto aereo PEX. Così due studentesse prepararono la tesi in Senegal, l'una sul tema "Il Progetto Podor: un progetto di successo", l'altra su quello delle "Microrealizzazioni". A mia cura furono prese in carico dalla locale Delegazione dell'Unione Europea. Uno studente é stato in Mali per la tesi "Politiche idrauliche nel Sahel - il caso del Mali". A Bamako fu preso in carico dalla console Onoraria d'Italia, mentre nella boscaglia fu ospite del Padre Bianco Bernard Verspieren, esecutore in 40 anni di migliaia di pozzi e installatore di centinaia di generatori solari.
Saranno dettagli, ma anche questi sono elementi per dei titoli in vista di un impiego, specie quando, immediatamente dopo la laurea, il famoso "curriculum" é disperatamente vuoto.
Questo lavoro sulle tesi veniva esso pure prevalentemente compiuto a casa mia, e non solo per la tranquillità del discorso. Nella mia biblioteca (circa 8.000 volumi) erano disponibili una quantità di libri che non si trovano nelle biblioteche di Gorizia e di Trieste. Così per le tesi ho prestato correntemente libri agli studenti, che poi si fotocopiavano le pagine di loro interesse.
Nel lavoro sulle tesi si sono talora presentati problemi legati al computer che tende ad essere usato, oltre che come strumento utile, anche come status symbol o balocco.
L'uso del computer nella prima redazione dei testi saltava subito all'occhio per via del pessimo italiano. Per cui ho sempre insistito in favore della prima redazione a mano, a preferenza delle macchine con tastiera. E questo non solo per non perdere l'uso della scrittura. Soprattutto perché le correzioni a mano sono così rapide e semplici che non interrompono il pensiero e la catena concettuale. Sulle macchine invece, e specie sui computer, si instaura un processo così tecnico di correzione che può interrompere il pensiero e parimenti creare delle reazioni di pigrizia. Allora si trascurano le correzioni che non appaiono importanti ("dopo tutto va bene anche così"). In questo modo si compromette l'eleganza letteraria del testo, la varietà del lessico, e spesso perfino la sintassi. D'altra parte, il passaggio sul computer del testo scritto a mano offre una ulteriore e ottima occasione di controllo e di correzione.
Altra cosa da evitare é finalmente l'abuso di Internet, che può talora essere utile nella ricerca di dati statistici, elenchi, cronologie, prospetti, tabelle, sintesi, su determinati argomenti. Ma che non può sostituire le fonti autentiche e dirette del sapere.
E ciò a causa delle manipolazioni ideologiche cui il sistema di Internet va soggetto. Per esempio una volta uno studente mi presentò una esauriente descrizione della Banca Mondiale e del suo funzionamento. Sennonché questa terminava con un frasetta speditiva secondo la quale "alcuni" ritengono che le operazioni della Banca denotino una scarsa sensibilità sociale. Ma come! L'eccessivo economicismo e la totale assenza della dimensione sociale sono alla base dei grandi fallimenti della Banca in India, in Brasile e quasi ovunque altrove! (Vedasi l'analisi documentata di Reich in " The World Bank Morgaging the Earth").
Avviene inoltre che, per via del loro innato cosmopolitismo, gli studenti di Gorizia abbiano anche bisogno di interventi del loro professore presso università di altri paesi in vista di corsi particolari, lauree, borse. Può trattarsi della London School of Economics, di Oxford, Cambridge, York, o di università francesi, belghe, statunitensi. Qui é importante raccomandare il caso di uno studente in forma circostanziata, analitica, convincente. Con la conclusione più o meno esplicita che, grazie alla eccellenza degli studi in quella sede, si potrebbe ottenere un laureato di altissimo livello.
Questi sono, a mio avviso, i doveri dei docenti nei riguardi degli studenti per questa parte. Sappiamo bene che, purtroppo, nello stato attuale dell'università in Italia, di "doveri" nei riguardi degli studenti ne esistono in pratica ben pochi, per le ragioni che vedremo.
Con questo corso di Cooperazione, a differenza del precedente, si era entrati nelle più vive realtà di oggi, politiche, economiche e sociali. Per questo, all'inizio di ogni periodo di lezioni, presentavo agli studenti un quadro franco e senza compiacenze dei problemi che ci confrontano nelle nostre società. Lo facevo nel loro interesse, perché studiassero e tenessero gli occhi aperti in vista del secolo che viene, che sarà il loro secolo. Oggi viviamo fra una sorpresa e l'altra, e restiamo a bocca aperta, senza soluzioni. La conoscenza della storia, la cultura, lo studio, la voce della coscienza, possono aiutarci a ridurre il numero delle sorprese. Quando gli studenti di oggi avranno 60 anni, tutto di quanto vedono oggi sarà sfumato. Ma in che senso sarà il mutamento dipenderà interamente da loro. Riprenderemo questo argomento alla fine di questo scritto.
Questi sette anni di convivenza intellettuale con gli studenti di Gorizia sono stati per me un'esperienza unica. E' per questo che ho cercato di venire incontro nella massima misura possibile ai loro interessi e alle loro aspirazioni, alimentando e stimolando la loro cultura e le loro vocazioni.
Purtroppo ho dovuto constatare che il mio atteggiamento nei loro riguardi, se é corrente in tutti i paesi civili, non fa in nessun modo parte della attuale realtà universitaria italiana. Ciò mi spinge ad affrontare finalmente questo doloroso problema.