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3.3 Gli effetti sul piano dei valori

Sul piano dei valori, la multiforme ed eterogenea realtà italiana rimase così privata di quelli maturati nell'esperienza feudale: valori di fedeltà, lealtà, onore. Così come si trovò estraniata da quelli maturati nel processo di formazione degli stati assoluti: spirito di servizio, rispetto dei principi dell'ordine sociale, effettiva collaborazione nell'interesse generale, elementi tutti che si riassumono nel "senso dello stato".

La mentalità borghese e la cultura popolare che si crearono in Italia a seguito di queste disgrazie storiche sono documentate dalla produzione letteraria e dalla manualistica orale fiorite ovunque fra i secoli 13° e 15°. Citiamo alcuni pochi esempi.

Per quanto riguarda la mentalità della classe egemone, quella dei mercanti, le massime riportate da Paolo di Messer Pace da Certaldo (seconda metà del '300) appaiono subito molto significative.

Leon Battista Alberti, "I libri della famiglia" (1404-1472):

Quale il succo di tutto ciò? I riferimenti sociali più rilevanti e raccomandabili sono quelli costituiti in primo luogo dalla ricchezza, e poi dalla parentela e dai clienti (amici acquistati col denaro). La prima norma morale é di pensare prima a sé stessi che agli altri. Nella vita pubblica il principio é di stare col più forte, per cui il conformismo viene riconosciuto come l'atteggiamento più adatto. La famiglia appare come una cellula chiusa, un microrganismo, un fattore aristocratico, la cui azione é fine a sé stessa. Nella gestione della famiglia mercantile, i rapporti primari e affettivi, e gli interessi della azienda, sono strettamente collegati e confusi; e ciò nel quadro di vita della comunità cittadine. Giammai appare l'idea di un gruppo di famiglie capace di formare una "civitas", una società. La vita politica é definita molestissima e piena di sospetti, fatiche e servitù. Il solo motivo quindi per partecipare alla gestione della comunità é quello di poter arrivare, con la frode o la violenza, a ricavarne vantaggi per la gestione della azienda-famiglia, sostituto esclusivo della società.

Alla radice di questa filosofia sta una concezione rigidamente utilitaristica. L'istituto nel quale si accentra ogni valore é la famiglia allargata con l'appendice puramente strumentale delle amicizie utili. La società come tale, e i doveri civili, sono radicalmente squalificati. Questo insieme di modelli culturali di comportamento sono incompatibili con una società ordinata, e comporta l'esclusione di ogni senso di corresponsabilità sociale. Nella società italiana post-comunale si porranno così le premesse per una società chiusa nei particolarismi, dominata da una struttura gerarchica e rigida di potere di classe, senza traccia alcuna di dialettica democratica.

Si comprende quindi bene perché Machiavelli, ispirandosi alla realtà concreta della società italiana del suo tempo, e ai tipi umani che vi operavano, universalizzandone le caratteristiche, giungesse alla pessimistica descrizione della "natura umana" che gli é propria. Questa mancanza di coscienza politica e civile, prodotta dalla particolare struttura e composizione della società, delle forme del potere e delle condizioni di vita dell'epoca in Italia, fece maturare un forma storica di mentalità e una cultura che sono assolutamente incongruenti con le esigenze degli sviluppi in corso nella società europea del tempo, ispirati dalla Riforma e dall'etica calvinista, metodista e puritana, che davano risalto allo stretto legame fra la salvezza eterna, il successo personale negli affari e le esigenze di salvaguardia dell'ordine sociale.

Se questo é lo spirito pubblico della classe dominante, non diverso era, nella sostanza, quello delle classi subalterne che si esprime chiaramente nei proverbi popolari.

Una delle raccolte più ricche é quella di Giuseppe Pitré per la Sicilia (1981). Ne riportiamo qualche esempio in traduzione dal siciliano:

Anche qui non troviamo che immobilismo, conformismo, passiva sottomissione ai poteri, valore sacro attribuito ai rapporti famigliari e di parentela, assenza di rapporti più largamente sociali.

Bisogna quindi attendere, in Italia, le seconda metà del 18° secolo prima che il pensiero politico-sociale ed economico, che si produsse nei paesi in cui operò la Riforma, facesse sentire la sua azione anche nel nostro paese. Quasi intatto rimase quindi ed egemone, fino a tempi recentissimi, per certi aspetti - fra cui quelli che stiamo qui trattando - fino ad oggi, il patrimonio culturale tradizionale, che ebbe sempre una parte importante nella determinazione degli eventi della nostra storia nazionale.

E' una mentalità vischiosa e resistente che presenta alcuni tratti caratteristici: diffusa asocialità, mancanza di solidarietà e di partecipazione sociale al di fuori della ristretta cerchia delle famiglie e parentele, con un rifiuto totale addirittura rabbioso di ogni impegno morale e politico nell'interesse della collettività. Con un tale patrimonio culturale non si può gestire un grande sistema sociale complesso come sono le società di oggi, percorso da correnti di idee, interessi economici, forme sociali, messaggi di cultura, che trascendono i limiti di villaggi, provincie, regioni e nazioni, e hanno dimensioni ecumeniche. E' una realtà incompatibile con le esigenze del mondo moderno, che spiega fra l'altro anche la mancata formazione in Italia di una classe dirigente all'altezza dei suoi compiti.


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