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3.2 Il destino storico del nostro paese

Una nazione é sempre tale in rapporto ad altre che fanno parte di un orizzonte storico comune, che per l'Italia é quello europeo. Si tratta quindi di fare un paragone tra il percorso storico dell'Italia e quelli delle altre nazioni europee.

Queste ultime sono giunte al loro stato attuale attraverso una serie di fasi. La prima fu la formazione della società feudale, intesa come sintesi culturale tra le etnie germaniche e le residue tradizioni greche, romane e cristiane, che dette vita a signorie basate su feudi e facenti capo a un monarca per grazia divina. La seconda fase si aprì con la trasformazione interna delle monarchie feudali in stati assoluti, costruiti in base a principi razionali di organizzazione giuridica, politica, economica e soprattutto militare. Una terza fase, in parte contemporanea alla seconda, ha portato alla affermazione di valori e tendenze sociali ispirati a una prospettiva universalistica, che hanno condotto a monarchie costituzionali o a repubbliche democratiche; in cui vengono garantiti i diritti civili di cittadinanza dei singoli, così come gli interessi sociali della collettività, in una situazione condivisa di libertà e di dialettica costante in seno agli equilibri storico-sociali fra le parti interessate alla gestione del bene comune.

Quale fu invece il percorso storico italiano? La penisola italiana conobbe, fin dalla protostoria, una successione ininterrotta di insediamenti etnici di varia provenienza e natura (Celti, Veneti, Liguri, accanto a Etruschi e Greci della Magna Grecia), che resero impossibile la formazione di un substrato etnico omogeneo. E dopo la caduta dell'impero romano ci furono le invasioni di tribù germaniche, mentre una parte del territorio era ancora sottoposta al dominio bizantino. Successivamente al dominio longobardo e bizantino, vennero ad aggiungersi in Sicilia prima gli Arabi e poi i Normanni. Il panorama etnico conservava tuttavia la sopravvivenza più o meno diffusa di una base demografica ridotta di origine "latina", ma le città, che avevano avuto una funzione importante nel sistema romano, erano quasi del tutto scomparse.

Ciascuno di questi frammenti avendo incontrato un destino diverso, la penisola non ebbe una storia uniforme, ma una molteplicità di storie. E le mancò quindi quella relativa omogeneità che permise alle altre regioni dell'Europa di organizzare il sistema feudale.

Il destino successivo del paese fu determinato dalla sua collocazione geopolitica al centro del Mediterraneo, che gli offrì condizioni di grande privilegio nel suo processo di sviluppo; per cui precedette di due secoli il resto d'Europa ponendo le basi del capitalismo mercantile e manifatturiero. Le latenti tradizioni della antica "civitas", miracolosamente sopravvissute nelle residue città, sembrarono rivitalizzarsi nelle repubbliche marinare di Venezia, Genova, Pisa e Amalfi, che per lungo tempo monopolizzarono gli scambi mediterranei.

Questa funzione storica della penisola e delle sue città ridusse la possibilità di espansione del regime feudale e favorì uno sviluppo originale e autonomo della civiltà comunale. E portò alla formazione di una nuova classe sociale, la borghesia mercantile, manifatturiera e finanziaria, che divenne la forza sociale vincente, in rapporto alla carente aristocrazia feudale.

L'Italia imboccò così una via che la portò ai vertici del progresso in tutti i campi della civiltà nei secoli dal 12° al 15°. Ma che alla lunga doveva dimostrarsi una via senza uscita. Venne infatti a mancare nell'esperienza storica italiana un momento che fu invece centrale in quella degli stati europei in formazione in quei secoli. L'alleanza fra i titolari delle signorie territoriali in via di espansione (marchesati, ducati, principati, monarchie) e le città. Queste ultime infatti, nelle loro strutture di ceto sociale specifico, avevano sviluppato al loro interno delle forme di solidarietà corporativa che ne permetteva un rapporto dialettico di collaborazione con il principe. Ossia il principe ne tutelava la sicurezza e l'attività produttiva, ottenendone in cambio consenso e appoggio finanziario. Tale combinazione dette sostanza politica e sociale allo stato assoluto, avviando una politica economica mercantilistica nell'interesse dello stato medesimo in una condizione di crescente istituzionalizzazione su basi razionali.

La storia delle città italiane, il cui fiorire precedette di oltre i 50 anni quella delle altre città europee, non conobbe una realtà del genere, sia per la debolezza della componente feudale, sia per la scarsa o nulla solidarietà interna alle città e l'assenza di istituzioni che potessero promuoverla. Queste rimasero quindi dominante da consorterie costituite dalle famiglie più potenti e dalle loro clientele, fra lotte spietate e una endemica anarchia.

Alle città fu dunque sottratta quella decisiva funzione che esse ebbero nel resto dell'Europa di centri di sviluppo economico e di elementi attivi del processo di istituzionalizzazione della nuova forma di stato assoluto che prese il posto di quello feudale. Ciò spiega parimenti l'incapacità del sistema di signorie e principati che si viene costituendo in Italia di resistere agli attacchi esterni dei nuovi stati assoluti in concorrenza fra loro per il primato europeo.

Nello stesso periodo l'Italia subì la crisi economica dovuta alla scoperta delle Americhe e allo spostamento delle correnti commerciali dal Mediterraneo all'Atlantico. Essa arrivò così al limite del suo processo storico originale che per tre secoli ne aveva fatto, nonostante la mancanza di unità politica, un soggetto fondamentale della storia europea, e si ridusse a oggetto delle storie di altri paesi.


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