Come spiegare questa deprecabile e dolorosa situazione dell'università in Italia? Riferirsi, come abbiamo fatto, alle legge Casati del 1859, alla riforma Gentile del 1923, alle leggi del 1933 e del 1938, alla partitocrazia corrotta degli anni Settanta, all'ultimo DPR n. 382 del 1980, sarebbe improprio perché non spiega nulla.
Allo stesso modo, il nostro paese non é, a paragone degli altri, fondamentalmente degenere e incapace. E così pure i nostri accademici non sono dei "cattivi" o mafiosi per natura. Sono degli uomini normali, rispettabili, magari anche sensibili e cortesi. Ma, come accennato nella introduzione, sono delle vittime. Vittime di che cosa? Vittime di una eredità storica. Vittime di una storia che gli italiani non si sono scelta, perché la storia é quella che é. Non dipende solo dalle aspirazioni e dalla volontà dei popoli.
Come spiegare, ad esempio, la storia e la civiltà dell'Africa Nera, che si sono create in un sostanziale isolamento plurisecolare dal resto del mondo. Ciò non fu dovuto a un fatto degli africani, ma alla desertificazione del Sahara, iniziatasi intorno al 2.500 a.C. per raggiungere il suo stato attuale nel 10° secolo d.C.
La spiegazione storica più compiuta del caso italiano ci viene da Carlo Tullio-Altan, il maggiore antropologo culturale italiano e uno dei più eminenti a livello mondiale. Nella decina delle sue opere principali troviamo "Ethnos e Civiltà" (Feltrinelli, 1995). Tra parentesi vorrei incoraggiare gli studenti italiani a conoscere questo autore, ignorato dalla maggioranza dei docenti di ruolo di scienze sociali, soprattutto per l'opera "Antropologia - Storia e problemi" (Feltrinelli, 1983).
In relazione al nostro discorso sull'università italiana, vorrei riassumere qui l'essenziale del capitolo 6 di "Ethnos e Civiltà", intitolato "L'identità etnica in Italia".