Una tradizione di lotte
Questo è l'appello più importante ed essenziale per le sue potenzialità di riforma dell'università. Tutta la storia sta a dimostrare che nelle riforme delle società e nelle lotte per la libertà e contro l'ingiustizia, nella maggioranza dei casi sono stati gli studenti a scendere in campo per primi. Tienanmen!
Gli studenti si sono generosamente sacrificati, affrontando sovente la sconfitta, il carcere e la morte. Sono centinaia i casi nella storia. Pochi anni fa, nel marzo 1991, sono stati gli studenti del Mali a rovesciare dopo 15 anni il dittatore in carica avviando una evoluzione democratica di questo paese dell'Africa occidentale. Il ponte sul Niger a Bamako si chiama ora "Pont des Martyres", perché molti studenti che lo occupavano furono falciati dai mitra delle forze di repressione. É il loro sacrificio che alimentò l'ostilità popolare inducendo un altro militare a prendere il potere per organizzare le prime elezioni democratiche. Recentemente in Indonesia, il trentennale tiranno Suarto non avrebbe mai potuto essere rovesciato senza gli studenti.
La rivoluzione studentesca del 1968 in Europa, estesasi anche ad alcuni paesi del Sud, e alla quale si aggiunsero molte forze sindacali, è stata di grande importanza storica e culturale. La società del tempo vi resistette, ma la sconfitta degli studenti sul piano culturale e politico fu relativa, perché vari temi culturali di carattere generazionale si fecero strada definitivamente nella coscienza popolare di diversi paesi. Essendosi molto scritto sul '68 è inutile ritornarvi qui, ma un solo esempio: è col '68 che le opinioni pubbliche si accorsero dell'esistenza di Marcuse, della scuola di Francoforte, del concetto dell' "uomo unidimensionale", ancora oggi obiettivo delle multinazionali e degli epigoni della forma presente di capitalismo.
Gli studenti quindi, come si vede dalla storia, possono avere un peso politico e culturale. Ma una questione importante è quella delle strategie più efficaci da parte loro per farsi sentire. In tema di strategie rivoluzionarie e di contestazione, il nostro secolo ha conosciuto una importante evoluzione. Infatti gli eventi del '68, con battaglie di strada, bottiglie molotov, incendio di macchine della polizia, hanno in fondo rappresentato l'ultima lotta condotta nello stile del secolo scorso. Nel nostro secolo è emersa un'altra forma rivoluzionaria che si è dimostrata più efficace, almeno quando non sussiste una situazione di vera e propria guerra civile. É quella della "non-violenza", inaugurata del Mahatma Gandhi in India sotto l'impero britannico, nel 1929, con la famosa marcia alla costa contro il monopolio del sale: partito con un piccolo gruppo di fedeli, arrivò alla costa con dieci milioni di manifestanti pacifici.
La non-violenza un po' alla volta è entrata nelle strategie di contestazione dell'ordine esistente, in primo luogo fra i giovani, gli studenti, e altri settori popolari da essi ispirati. Forse uno dei primi casi a rivelare i risultati della non-violenza si ebbe in occasione di un tentato colpo di stato contro la presidente delle Filippine Cori Aquino. Settecentomila persone, perlopiù giovani e studenti, nel grande parco di Manila, presero a lanciare fiori e baci alle forze dell'ordine praticamente paralizzandole.
Certamente queste speravano almeno in una bottiglia molotov, che avrebbe fornito un motivo per intervenire, ma questa non ci fu! É stata la vittoria della nuova strategia della non-violenza.
D'altra parte in questo ultimo decennio si è avuto un notevole progresso nella varietà delle iniziative giovanili che hanno assunto molteplici forme di associazionismo spontaneo nella difesa dell'ambiente, nel volontariato e nelle più diverse attività di carattere sociale, culturale, politico. Questa evoluzione ha prodotto anche un arricchimento nelle forme di contestazione non-violenta. Alle classiche dimostrazioni di piazza e ai cortei, si sono aggiunti i sit-in di lunga durata (coi sacchi a pelo), di stile Tienanmen, i canti al suono di chitarre, la famigliarizzazione con le forze dell'ordine, gli inviti alla partecipazione degli adulti.
Oggi il movimento di solidarietà giovanile è andato assumendo una dimensione cosmopolita, superando le frontiere nazionali, continentali, razziali, culturali. Un primo sintomo si ebbe con l'esperienza di Taizé, il centro ecumenico francese del Frère Roger, dove regolarmente si incontrano dai 15.000 ai 20.000 giovani di tutte le provenienze e di tutte le idee o fedi, religiose o laiche. Si organizzano in campeggio.
Ma l'evento più spettacolare fu l'incontro dello scorso anno a Parigi intorno a Papa Wojtyla. Un milione di presenze, e forse nell'ultimo giorno, al Bois de Boulogne, 1.100.000. C'erano giovani di tutte le parti del mondo. Tutte le fedi e tutte le idee erano rappresentate. C'erano certo, accanto a cattolici e protestanti praticanti, quelli che invece facevano lo Zen o lo Yoga, e chissà quanti erano quelli che si sentivano francamente "agnostici"! Ma quelle masse di giovani, forse la maggioranza, non erano lì per un convegno religioso, sia pure ecumenico. Erano a Parigi per un incontro con Papa Wojtyla, non tanto come capo della Chiesa di Roma, quanto come grande simbolo di vita e di speranza. Perché molti non lo hanno visto che da lontano e non hanno potuto udire neanche una delle sue parole...
In Africa mi è capitato di assistere al primo incontro di uno studente africano e uno studente europeo che non si conoscevano, perché l'africano non era mai stato in Europa, e l'europeo era in Africa per la prima volta. Ebbene, parlavano delle stesse cose, il discorso si intrecciava subito su tutto - cultura, materie di studio, situazioni nelle rispettive università, politiche ed economie interne e internazionali, neoliberalismo selvaggio e imperialismo americano, il tutto ovviamente tra scherzi e risate...
Del resto le migliaia di studenti cinesi che avevano occupato pacificamente Tienanmen (La Porta della Pace Celeste) non avevano contatti con l'Occidente, non miravano a rovesciare il governo cinese, ma intendevano manifestare delle semplici aspirazioni che, guarda caso, erano analoghe a quelle di studenti di Roma, Parigi, Lisbona, Buenos-Ayres o Londra.
Il '68, Taizé, Tienanmen, Manila, Papa Wojtyla, l'Africa...
Siamo dunque in presenza di un fenomeno storico nuovo, che sembra avere due aspetti salienti. Primo aspetto: il conflitto generazionale che è presente in ogni società tradizionale o moderna, piccola o grande, grazie allo sviluppo delle comunicazioni di ogni tipo, si é mondializzato. Secondo aspetto: se in ogni paese e cultura le nuove generazioni comprensibilmente contestano con obiettivi diversi l'ordine imposto dalla generazione anziana, per quanto riguarda il futuro le nuove generazioni del mondo vogliono tutte più o meno le stesse cose.
In conclusione, si può dire che la attuale generazione di giovani sta impostando una "rivoluzione culturale" a livello mondiale, che segna un distacco evidente dalla generazione precedente, e che si situa già nel prossimo secolo.
La lotta per una nuova università
La rivoluzione culturale in atto fra i giovani di tutto il mondo deve trovare in voi un'espressione anche e in primo luogo per quanto riguarda la radicale riforma del nostro sistema universitario. Ma ciò pone tre condizioni pregiudiziali: l'organizzazione, gli obiettivi, lo spirito.
Ignoro quale sia lo stato attuale di organizzazione delle associazioni studentesche. Probabilmente varia da una università all'altra. Temo però che troppo spesso si riduca a poca cosa: elezioni condotte con larghe astensioni dal voto; qualche centinaio di iscritti che dovrebbero rappresentare diverse migliaia di studenti; mancanza di obiettivi bene elaborati e a lungo termine; interventi e agitazioni occasionali in vista di obiettivi particolari e limitati.
Questo non va! Bisogna, fare uno sforzo serio. Se per avventura ci fossero pericoli per la nostra democrazia e per le nostre libertà, provenienti dall'interno o dall'esterno, certamente prenderemmo tutti le armi per fare la guerriglia... Se si è pronti a fare il più, si deve anche saper fare il meno. Qui non è una questione di lotta armata, ma di una lotta pacifica che richiede impegno, fermezza e associazioni universitarie bene organizzate. Lo stato attuale dell'università in Italia non è uno di ordinaria amministrazione che necessiti semplici correttivi. É un sistema perverso, creato dalla partitocrazia della prima Repubblica, che deve essere distrutto e ricostruito dalle fondamenta.
In secondo luogo ci vogliono degli obiettivi bene elaborati, chiari, a lungo termine. Bisogna farla finita con le piccole agitazioni attuali su strutture scolastiche, mezzi didattici, certi diritti specifici degli studenti, borse di studio, tasse universitarie. Agitazioni tutte che passano come un grande o piccolo temporale, senza lasciar nulla dietro di loro, salvo forse che un liceo distrutto. Nel caso nostro non ci sono solo problemi, comuni ad altri paesi, riguardanti l'adeguamento dei servizi universitari all'aumento considerevole della popolazione studentesca. Da noi ci sono in primo luogo i gravissimi problemi, sconosciuti altrove, della cultura di mafia della corporazione accademica; della bassa qualità media dei docenti ereditati dalla partitocrazia degli anni Settanta; del totale dispregio per gli interessi culturali, scientifici e didattici degli studenti, che sono considerati solo come strumento degli interessi personali e clientelari della corporazione accademica.
In terzo luogo, lo spirito di questa lotta. Essendo una lotta qualificata, articolata e complessa, non può essere condotta con spirito, diciamo, "goliardico", ma con iniziative serie, politiche, democratiche, razionali, ferme e senza compromessi. Gli argomenti, i comportamenti, gli atteggiamenti, devono essere uguali, o superiori, a quelli degli eventuali interlocutori. Bando quindi agli atteggiamenti e ai linguaggi superficiali, emozionali, teatrali, inutilmente aggressivi. Raccomanderei ciò soprattutto ai sociologi, e ancor più alle sociologhe. Niente contestazioni di tipo demagogico, basate su "ego" personali, perché questo non farebbe che concorrenza agli "ego" della corporazione accademica.
E del pari, vorrei pregarvi, negli scontri verbali con autorità politiche o amministrative, non fate casino, non adottate toni da zuffa. Lasciate parlare gli interlocutori senza interromperli, e parlate a vostra volta quando hanno finito. Altrimenti non fate che imitare il malcostume di certi partecipanti al Porta-a-Porta, parlamentari, professionisti, esponenti di partito, che parlano tutti insieme, interrompendosi a vicenda, e cercando di superarsi con la voce anziché con gli argomenti, al punto che il povero Bruno Vespa non sa come controllarli, e gli ascoltatori non capiscono nulla.
Tuttociò non è che un sintomo di immaturità democratica che voi dovete contribuire a correggere. Chi di voi è stato in altri paesi europei, negli Stati Uniti o anche in Africa sa bene che l'interrompere un interlocutore prima che abbia finito è considerato quasi come un crimine, e squalifica una persona.
Gli obiettivi
La riforma dell'università va impostata realisticamente, sullo stato di fatto attuale, anche se deteriore.
La misura più urgente è quella di abolire immediatamente e radicalmente l'attuale sistema di concorsi di cattedra addomesticati, così come tutte le pratiche surrettizie di immissione nella carriera universitaria, per fini personali e clientelari della corporazione accademica.
E l'istituzione di concorsi di cattedra regolari e severi, fondati esclusivamente sui titoli e debitamente controllati. Nelle commissioni ai 9 docenti di ruolo devono essere aggiunti un magistrato, un rappresentante del ministero e due studenti degli ultimi due anni di università. Questi ultimi devono poter prendere visione dei titoli dei candidati e devono partecipare al voto segreto. Qui non c'è assolutamente nessuno scandalo, dal momento che nelle antiche e gloriose università italiane erano gli studenti che si sceglievano i professori.
Dopo queste misure urgenti, la riforma deve gradualmente estendersi a tutte le normative promosse e fatte varare dalla corporazione accademica negli ultimi 20 anni. In particolare deve mirare a eliminare le conseguenze più gravi di queste normative e cioè: l'eccesso di privilegi del corpo docente e la mancanza di equilibrio fra diritti e doveri (fra questi ultimi, la regolarità dell'insegnamento, l'impegno didattico e l'impegno di tempo); il sistema elettivo delle cariche che elimina ogni possibilità di controllo delle attività e favorisce le pratiche mafiose; le discriminazioni nello stato giuridico rispettivo dei professori e degli studenti; il disordine nelle discipline e nelle carriere di ruolo; l'abbandono degli studenti a loro stessi durante i corsi e dopo la laurea.
Circa poi il problema della bassa qualità media dei docenti di ruolo, due orientamenti potrebbero essere considerati: a) nei riguardi dei docenti attualmente in ruolo e che sono di valore devono essere evitate ingiuste discriminazioni, ossia questi devono poter continuare, o anche accelerare, carriere onorevoli e di successo fino alla fine, quali che fossero state le condizioni insufficienti o irregolari della loro originaria ammissione alla docenza; b) quanto ai docenti di ruolo inadeguati ("somari"), ma con diritti acquisiti, potrebbero essere escogitate formule atte a incoraggiare il loro passaggio ad altre funzioni, diverse dall'insegnamento, all'interno delle università o al di fuori nelle professioni (a cominciare dai casi dove queste professioni già esistono togliendo tempo all'università). Tutto ciò del resto non rappresenta che un chiarimento e una messa a punto, perché gli studenti hanno già fatto per conto loro la selezione. Valutano i docenti e, per quanto è in loro potere, si regolano in conseguenza.
Correzione della posizione indegna dei docenti a contratto secondo le linee seguenti: a) concessione di contratti solo a docenti specializzati, di alta qualità e di lunga esperienza, come era all'origine; b) fissazione di un minimo negli emolumenti che superi adeguatamente il rimborso delle spese; c) in corso di contratto eliminazione di qualsiasi discriminazione didattica nei riguardi dei docenti di ruolo che possono talora essere a essi accademicamente inferiori; d) abolizione totale dei "raggruppamenti disciplinari".
Organizzazione di una assistenza agli studenti in materia di impiego: a) studio delle metodologie utilizzate da molte università straniere; b) istituzione di un ufficio presso ciascuna università, collegato con una Agenzia nazionale centralizzata; c) elaborazione corrente di statistiche sui livelli di occupazione per i diversi tipi di lauree e relative specializzazioni; d) informazioni su possibili impieghi parziali in corso di studi; e) collegamenti con datori di lavoro dei settori primario, secondario e terziario; f) consulenza sui modi di ricerca dell'impiego per il dopo-laurea .
Le strategie di lotta non-violente
Quali le forme di contestazione, di protesta, di pressione per ottenere i migliori risultati? Quali le azioni e le manifestazioni per presentare gli obiettivi della riforma al Governo, al Parlamento e all'opinione pubblica?
Abbiamo in primo luogo tutte le dimostrazioni pubbliche che fanno parte del bagaglio democratico corrente di partiti politici, sindacati e organizzazione di categoria. Ma, come in questi casi, esse vanno progettate e regolate debitamente dalle associazioni studentesche, senza caotiche approssimazioni.
Secondo i canoni della non-violenza, devono essere eliminati tutti gli atti che costituiscano violazioni dell'ordine pubblico; quindi atti, gesti o parole ostili alle forze dell'ordine; e manifestazioni che per il loro carattere aggressivo obblighino le forze dell'ordine a intervenire, come insulti a persone presenti, danneggiamento di negozi, edifici, veicoli, impianti pubblici e privati.
I responsabili devono impedire che la manifestazione venga trasformata in conflitto fra parti politiche, eventualmente per opera di agenti provocatori.
La presenza frequente di agenti provocatori e criminali nelle dimostrazioni pubbliche impone l'adozione di nuovi accorgimenti. La capitale del Senegal, Dakar, è rimasta per 10 anni priva di tutti i semafori del traffico; ciò in quanto, in occasione delle grandi manifestazioni studentesche (alle quali ero presente), masse di teppisti dei sobborghi sfasciarono tutto, semafori, stazioni di servizio e altri impianti. Da noi c'è il caso recente del Liceo Artistico di Roma. Che fare? Una misura potrebbe essere che gli studenti abbiano con sé la loro tessera universitaria, il che permetterebbe alla polizia di individuare i teppisti e "imbarcarli".
Nelle manifestazioni giovanili si sono aggiunti i sit-in, anche prolungati, con sacchi a pelo e chitarre, tipo "Tienanmen". Nelle occupazioni di aree antistanti le università, si devono lasciar liberi gli accessi, in entrata e in uscita.
Quanto all'occupazione di locali interni delle università, per ragioni di studio indipendente o riunioni, si pone un problema. I locali sono un bene pubblico, ma la loro destinazione è per gli studenti: le regole di accesso per studenti e docenti dovrebbero essere quantomeno pari.
Va infine segnalata una pratica abbastanza corrente che deve essere soppressa. In linea di massima andrebbero soppresse tutte quelle azioni che sostanzialmente possono risolversi a svantaggio degli studenti: scioperi dei corsi; non presentazione agli esami; non pagamento di tasse universitarie; danneggiamenti ai locali universitari, al mobilio, al materiale didattico e di laboratorio, alle biblioteche. Infatti troppo spesso gli studenti fanno ricorso a forme di protesta che fanno pensare al caso del marito che si evira per fare dispetto alla moglie.
Iniziative e tattiche intrauniversitarie
Che cosa fare dentro all'università?
Io non so cosa voi vorrete o potrete fare, e non posso sostituirmi a voi. Vi dirò quindi solo quello che proporrei se mi trovassi alla vostra età e in una riunione organizzata a questo fine.
Invenzione ed elaborazione di forme di contestazione non-violente di tipo positivo, ossia ricche di contenuti culturali, ideali e simbolici. In questo campo non vi sono limiti all'immaginazione, specie se si applica la "legge del contrappasso" dell'Inferno dantesco.
Nei riguardi di Rettori, Direttori di Istituto, Presidi di Facoltà che sanno sorridere, che sono affabili, che vegliano agli interessi degli studenti e mantengono con essi un contatto umano: ogni tanto schierarsi numerosi su due file, al loro passaggio in entrata o in uscita, e applaudirli. In silenzio, senza commenti.
Nei riguardi di singoli docenti che dimostrano le stesse qualità sopra indicate, applaudirli alla loro entrata in aula. Applaudire un docente alla fine di una lezione particolarmente bella. Astenersi invece da applausi convenzionali, dove sono semplicemente in uso.
Nei riguardi di responsabili accademici e docenti autoritari, freddamente formali, privi di contatto umano, che non sorridono mai: attaccare sui finestrini laterali delle loro vetture fotografie di Papa Wojtyla, Gandhi, Che Guevara, Madre Teresa di Calcutta e di altri (ad esempio grandi e venerati docenti del passato).
Nei bollettini delle associazioni studentesche, di tanto in tanto, pubblicare liste precedentemente votate, in ordine alfabetico (non secondo i gradi accademici), di responsabili accademici e docenti stimati e amati dagli studenti (senza dimenticare gli eventuali docenti a contratto).
Da notare che tutte queste azioni costituiscono atti di selezione significativi del corpo accademico che non possono restare privi di qualche risultato. Ma attenzione! Niente inflazione! Altrimenti riducete il valore della vostra moneta!
Anche sul piano culturale e scientifico bisogna superare l'autoritarismo e l'ipse dixit.. Gli studenti devono prendere l'abitudine di porre domande e avanzare obiezioni, anche se le parti possono poi restare sulle loro rispettive posizioni. Questo colloquio fra studenti e docenti è molto diffuso altrove, specie nelle università anglosassoni. E del resto, anche se sono passati 2.300 anni, perché non rimanere nel costume dei Peripatetici? É da loro che si iniziò nella storia la ricerca sull'uomo e sulla vita delle società umane.
Di fronte a problemi specifici importanti o gravi sul piano didattico, le associazioni studentesche devono poter presentare esposti al Rettore, sotto forma di documenti ufficiali seri ed esaurienti, approvati collettivamente. Questi esposti devono ricevere risposta scritta. Devono anche poter essere trasmessi alla stampa.
Allo stesso modo una associazione studentesca dovrebbe poter chiedere e ottenere convegni con i docenti di una Facoltà al completo, in vista di dibattiti su problemi importanti di carattere culturale o didattico, come pure su grandi questioni attuali e controverse (per es. la "mondializzazione"). In tante università, specie anglosassoni, questi dibattiti sono correnti.
E per terminare, se le associazioni studentesche intendono perseguire seriamente gli obiettivi di una riforma dell'università, in occasione di elezioni, devono negoziare i loro voti coi partiti politici nelle loro circoscrizioni. Questo è l'unico modo per mettere in crisi la lobby degli accademici nei due rami del Parlamento. Si deve dare il voto a candidati che si impegnino in modo preciso a sostenere le riforme, seguendo poi puntualmente le loro prese di posizione al Senato e alla Camera.
Insomma, ragazzi e ragazze, dovete muovervi!
D'altra parte, io non vorrei certo fare quello che dice "Armiamoci e partite". Se mi avvertite in tempo, cercherò di partecipare a qualche vostra manifestazione o sit-in (ho il sacco a pelo). Anche se mi trovo ormai sul versante dell'età, con un numero di anni che vi tengo segreto, mi capita ancora di andare a cammello nel deserto africano.
Non dico che verrei alla manifestazione in cammello, ma se aspettate ancora troppo, finisce che mi vedrete in carrozzella... Ma anche in questo caso, ci sarà pure qualcuno di voi che mi spingerà a turno.
A ciascuno di voi, studenti italiani, vorrei dire Hasta la victoria siempre!. Dovete prendere in mano la modernizzazione della nostra società. Basta con la mentalità utilitaria e antisociale di vecchi comuni e province. Basta con i Machiavelli e i Guicciardini. Basta con i giuramenti di Pontida e le disfide di Barletta. Basta con le mafie di tutti i tipi. Vogliamo un'Italia europea!