Come abbiamo visto nel III capitolo, sono le monarchie assolute che nella storia europea hanno gettato le basi di strutture amministrative solide che sono durate fino a oggi.
Queste strutture tendono però ovunque a cristallizzarsi, perché le personalità di base in esse formatesi resistono al cambiamento per il timore di perdersi. Le resistenze che si oppongono al mutamento del sistema anacronistico sono tuttavia un problema "per il sistema", non per i gruppi sociali che lo criticano e lo contestano, in vista di una ristrutturazione socio-culturale. Il problema delle riforme amministrative è quindi di necessità lento e ponderoso.
Ma in Italia, paese che non ha conosciuto la monarchia assoluta nazionale, che per 4 secoli è rimasto semplice oggetto della storia europea, le cose sono molto più difficili. Non avendo mai avuto un sistema amministrativo moderno, delle riforme decisive sono nella maggioranza dei casi impossibili. Potranno aver luogo grazie all'entrata nel sistema amministrativo europeo, che senza dubbio permetterà di realizzare ciò che decine di "ministri per la riforma amministrativa" sono stati impotenti a fare.
Peraltro oggi il governo di centro-sinistra dell'Ulivo é stato finalmente capace di far varcare decisamente al paese la soglia fra la prima e la seconda Repubblica. Diciamo all'intero paese, perché anche l'opposizione del Polo di centro-destra é ormai una formazione democratica da seconda Repubblica. A nessuno é infatti sfuggita, né in Italia né all'estero, la vasta attività del governo dell'Ulivo in tutti i settori, fra i quali l'entrata in Europa non é che un esempio, anche se il più importante.
Rimane però un solo settore che, oggi come oggi, fa ancora parte della prima Repubblica: quello dell'università. Il ministro della Pubblica Istruzione si é fin dall'inizio impegnato fortemente in questo compito, cominciando dalle scuole elementari e medie. Pare sia allo studio anche il problema dell'università, dove però non si possono ancora intravedere adeguati sviluppi. Il sistema mafioso della corporazione accademica, nato nei tempi della partitocrazia e del consociativismo, é estremamente coriaceo e dispone di una potente lobby parlamentare. Sono circostanze che ci lasciano di fronte a un grande punto interrogativo.
In questa situazione una cosa sembra certa. Se il governo dell'Ulivo non riuscirà a realizzare per l'università una riforma radicale, fin dalle fondamenta, questo settore indugerà ancora per lungo tempo nella prima Repubblica, ossia nel passato. Un passato nel quale le riforme amministrative potevano aver luogo in Italia unicamente tramite la forza dirompente di uno scandalo. Per infrangere le rocce infatti si richiedono le mine.
Ricordo che molti anni fa in una città del nord, credo Milano, un noto professionista decedette per fatto cardiaco il 15 di agosto, perché il soccorso di urgenza in quel giorno non aveva funzionato. Se si fosse trattato di una persona qualsiasi nulla sarebbe successo. Ma trattandosi di un noto professionista, la stampa insorse e dopo l'evento il soccorso di urgenza divenne operativo ogni anno anche il 15 di agosto.
Ma nel caso dell'università, con la situazione che conosciamo, è chiaro che lo "scandalo riformatore" deve essere grosso. Una mina capace di far giungere il suo fragore da un capo all'altro della penisola. Deve trattarsi di un "fatto di sangue" seguito da un processo molto mediatizzato, e atto a illuminare i molteplici anfratti del "sistema".
Proviamo qui a immaginare uno scenario.